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Biographie de Korfu

Fabrizio Bidoli in arte korfu è nato a Palmanova, in provincia di Udine, nel 1963. La sua formazione artistica si è svolta, in parte, nel laboratorio paterno di pittura e incisione, frequentato da alcuni dei maggiori artisti del Novecento friulano. Da autodidatta, sin dagli anni Ottanta, sperimenta diverse tecniche pittoriche e grafiche in supporti e materiali eterogenei – dalle plastiche ai tessuti, alle forme più tradizionali su tela- sempre però con una marcata e decisa impronta di matrice espressionistica, nella caratura quasi materica del segno surrealista, nella dimensione onirica e metafisica che pervade gran parte della sua produzione. Questa stessa, nel tempo, si configura all’interno di una poliedricità espressiva, dando vita ad una produzione di oggetti d’arte, dalle lampade, ai teli, alle opere in plexiglas, tutti rigorosamente frutto di una fantasia creativa volta a innescare all’interno della materia stessa, la cifra di una semantica del segno connotata dal vigore espressivo e dalla diffusa policromia delle forme. Si susseguono così, in una periodizzazione stilistica, oggetti d’uso comune e funzionale, tutti marcati però da una ben precisa e individuabile personalità, dove il gesto espressivo e la cifra del colore, si intessono in una vibrazione emozionale che tende al recupero delle forme e degli stilemmi propri di una matrice novecentesca che può avere, come determinati mentori, i nomi di Dalì, di un Savino, di un Max Ernst, quali archetipi punti di riferimento e atti simbolici dai quali partire. Ma non si tratta di una clonazione di archetipi, quanto di un sentimento di affinità all’interno di percorsi stilistici che approdano sempre ad un superamento del dato oggettivo, per una felice commistione tra esperienza del e nel colore e forza del grafema, del simbolo quasi fattosi gesto, nella determinatezza iconologica dell’ apparenza e del sogno. Opere quindi aperte, che declinano la loro appartenenza su più versanti interpretativi, superfici modulate da tratti di raro ed intenso vigore espressivo, metafore, si direbbe, di una sostanziale estraneità verso i percorsi più risaputi e battuti, alla ricerca dell’imprevisto e dell’imprevedibile, della traccia che lasci “traccia” nella relazione tra testo ( sia esso una tela, una superficie plastica o un tessuto…) ed icona, tra superficie picta e anamnesi interpretativa, tra la superficie che emerge e il dialogo dei segni.

Per comprendere i dipinti di Fabrizio Bidoli è necessario anzitutto lasciarsi catturare da quello stream of consciousness che li anima dal di dentro, portando in superficie il processo di elaborazione di pensieri e percezioni di cui rappresentano l’intima essenza. Si tratta di un monologo interiore che affiora lentamente dal fondo indistinto dell’immagine e si rapprende, ad un livello superiore, in un viluppo di forme solo in apparenza indistinte, ma che ad un’osservazione attenta ed analitica si rivelano come oggetti, volti e figure costituenti, ad un tempo, l’immaginario dell’artista e il filtro attraverso il quale egli decanta e interpreta la realtà circostante. 
Benché la sua formazione sia quella di un autodidatta, Fabrizio Bidoli trae gli elementi del suo linguaggio espressivo dalla più accreditata tradizione pittorica del passato, innestandoli su una struttura compositiva che gli deriva direttamente dalla cultura grafica del fumetto. Dallo sfondo di lontana ascendenza informale, ribollente di materia cromatica, l’artista fa emergere, a tratti, la componente segnica e razionale delle proprie visioni oniriche, con un intreccio di linee che configura l’immagine di un mondo futuribile e surreale ancora di là da venire, ma ben presente nell’immaginazione del suo artefice quale proiezione dei suoi più intimi desideri. Realtà e irrealtà si fondono e si confondono così in questi dipinti che, rifiutando ogni narrazione logica e consequenziale, si propongono semplicemente quali elementi di congiunzione tra la sensibilità individuale dell’artista e lo sguardo particolare dello spettatore, nel tentativo comune di creare uno spiraglio immaginativo che ci permetta di riscattare la materialità troppo spesso sterile della nostra limitata esistenza terrestre. 
Vania Gransini 
Vania Gransinigh, dottoranda in storia dell'arte presso l'Università degli Studi di Udine, vive e lavora a Udine. Si è occupata di storia della pittura e della scultura italiane tra Otto e Novecento. Nel 2007, con Gilberto Ganzer, ha pubblicato presso l'editore Alfieri di Milano la monografia su "Michelangelo Grigoletti", uno dei maggiori pittori italiani dell'Ottocento e il volume su "Darmo Brusini". Attualmente sta conducendo una ricerca sui rapporti tra scultura monumentale ed irredentismo a Trieste e nel Litorale nell'ultimo periodo della dominazione austriaca (1866-1919). 

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